Cryosat: monitorando i ghiacci polari

Osserviamo la Terra dallo spazio con i satelliti Cryosat

 

cryosat1La missione dell’ESA Earth Explorer Cryosat è dedicata al monitoraggio del ghiaccio marino nelle regioni polari. Obbiettivo della missione è ricavare variazioni sullo spessore del ghiaccio marino e dei ghiacci di calotta della Groenlandia e dell’Antartide. Tutto ciò viene fatto per valutare come l’attuale global warming coinvolga queste aree. Il ghiaccio infatti gioca un ruolo fondamentale nei cambiamenti climatici, un apporto eccessivo di acqua dolce vicino ai centri di formazione di acque dense potrebbe bloccare il Conveyor Belt, dando vita ad una vera e propria glaciazione.

Prima del Cryosat, a monitorare l’estensione dei ghiacci era l’Envisat dell’ESA, il quale ha rilevato che a partire dal 1978 essi si sono ridotti (rispetto alla media annuale) di circa il 2.7% per decade. Ma non basta conoscere la variabilità dell’estensione dei ghiacci marini, è necessario anche sapere la variabilità dello spessore del ghiaccio di calotta e marino, per cui è partita la missione Cryosat, il cui primo lancio dell’Ottobre 2005 fu un fallimento, e dunque fu lanciato in orbita polare nell’Aprile del 2010 il Cryosat-2. Esso era costituito da un SAR/Interferometric Radar Altimeter (SIRAL) che consentiva di valutare l’altezza sul livello del mare delle calotte, e misurare con elevata precisione i cambiamenti dei loro margini, DORIS ( Doppler Orbit and Radio Positioning Integration by Satellite) ed un laser retro-riflettore (LRR) per determinare con precisione l’orbita.

cryosat2-224x300La distanza media dalla Terra è di 717 km e l’orbita è inclinata con il piano orbitale terrestre di 92 gradi. Il satellite orbitando sulle due calotte ha trasmesso a terra dati poco incoraggianti. In Antartide ad esempio è stata riscontrata una significativa diminuzione dello spessore dei ghiacci, specialmente ai margini del continente.

Questa missione è preziosa non solo perché è sicuramente il metodo più efficace tramite il quale monitorare grandi aree, in poco tempo e con un basso periodo medio di ripetizione, ma anche perché ci consente di ricostruire degli scenari climatici futuri con maggiore accuratezza.

Articolo di Giusy Fedele del 25 Settembre 2016 alle ore 15:56

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