Ispra: in Italia la temperatura aumenta di più rispetto al resto del mondo

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Crescono anche il consumo di suolo e l’inquinamento elettromagnetico da impianti RTV e telefonia mobile. Le emissioni di gas serra risultano invece in calo.  

L’aumento di temperatura in Italia è maggiore rispetto alla media globale, secondo i nuovi dati ambientali Ispra. L’anomalia registrata nel 2018 rispetto alla media 1961-1990 è stata di 1,71 °C in più – 0,98 °C a livello globale, mentre si è evidenziato un aumento medio di 0,38 °C circa relativo a ogni decennio dal 1981 al 2018. Anche la temperatura superficiale dei mari italiani ha raggiunto un nuovo record nel 2018 di +1,08 °C, dopo il picco del 2015. Per quanto riguarda le emissioni di gas serra, le riduzioni registrate sono state dello 0,9% nel 2018 rispetto all’anno precedente e tendente allo 2,0% nel 2019. Quest’anno si stima una riduzione delle emissioni fino al 5,5% a causa del lockdown, in concomitanza con un calo del PIL del 4,7%. Anche la media 1990-2018 risulta in calo, con -17,2% di emissioni nel Paese. Per raggiungere gli obiettivi 2030, i gas serra dovranno diminuire del 32%  

A livello europeo, l’impatto maggiore sul tasso di inquinamento atmosferico proviene dal bacino padano: durante il lockdown, i valori di biossido di azoto nelle regioni del Nord Italia e nella Pianura padana sono diminuiti del 40-50%. Riguardo le polveri sottili, nel 2019 il 21% delle stazioni di monitoraggio ha registrato il superamento del limite giornaliero di PM10, a differenza delle PM2,5 che risultano entro i limiti nella maggior parte dei casi. In crescita anche l’inquinamento elettromagnetico, che tra luglio 2018 e settembre 2019 ha superato i limiti consentiti il 6% di volte in più rispetto alla media per gli impianti radiotelevisivi e il 4% per le reti di telefonia mobile. Piuttosto stabile resta invece l’impatto delle sorgenti a bassa frequenza, ovvero elettrodotti ed elettrodomestici.

L’Italia è il terzo produttore di sostanze chimiche in Europa dopo Germania e Francia, con oltre 2.800 imprese attive. L’inquinamento da sostanze chimiche è ancora un dato allarmante nel Paese, soprattutto riguardo all’uso di pesticidi, che si traduce nel 24,4% delle acque superficiali contaminate con concentrazioni superiori rispetto alla media consentita e il 6% di quelle sotterranee. Allo stesso tempo, si rileva una crescita nell’uso circolare dei materiali rispetto alla media europea – l’Italia è al terzo posto per produttività delle risorse – e un’invariabilità nella produzione dei rifiuti urbani per la media 2018-2019, che nel 2020 è destinata a diminuire di pari passo con la riduzione del PIL.

Ancora più preoccupante è invece il consumo di suolo, che ha raggiunto i 2 metri quadri al secondo tra il 2017 e il 2018, con la cementificazione di 23.000 km quadrati di terreno. I dati mostrano una continua crescita del fenomeno, che nel 2018 ha interessato anche il 2% delle aree protette. Non da meno è il rischio idrogeologico che caratterizza buona parte del territorio italiano e interessa il 2,2% della popolazione, con 1.281.970 abitanti che risiedono in aree ad elevata pericolosità.

Articolo di Erika del 03 Giugno 2020 alle ore 17:57

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