ONU: la crisi climatica causa un disastro alla settimana

Gli “eventi a impatto minore” non fanno notizia come quelli catastrofici, ma hanno conseguenze altrettanto devastanti e si verificano a ritmi sempre più frequenti.

Disastri come i cicloni Idai e Kenneth in Mozambico e la siccità storica che affligge l’India da mesi fanno notizia in tutto il mondo, ma di fenomeni climatici anomali se ne vedono molto più di frequente, avverte Mami Mizutori, rappresentante speciale dell’Onu. Si tratta di “eventi a impatto minore”, di cui non si parla a livello internazionale, ma che si verificano ad un ritmo preoccupante, causando vittime, sfollamenti e situazioni critiche soprattutto nei paesi in via di sviluppo. A livello globale si registra mediamente un fenomeno alla settimana riconducibile alla crisi climatica. La cadenza di questi eventi è ben lontana dalla concezione comune, che si focalizza sulle catastrofi più “evidenti” e che si manifestano in modo più devastante.

Secondo le stime, i costi dei disastri legati al cambiamento climatico ammontano a 520 miliardi di dollari all’anno. L’adattamento alla crisi climatica non può più essere visto come un problema del futuro, afferma Mizutori, ma è qualcosa da affrontare subito, con investimenti mirati a fronteggiare gli effetti del riscaldamento globale. La costruzione di infrastrutture resistenti consentirebbe di minimizzare le conseguenze e comporterebbe dei costi irrisori rispetto al danno economico causato dalle catastrofi, ovvero circa 2,7 miliardi di dollari nei prossimi 20 anni.

Fino ad ora, spiega Mizutori, gran parte del focus dell’azione sulla crisi climatica è stato sulla “mitigazione”, ovvero sul taglio delle emissioni di gas serra, mentre la questione dell’adattamento agli effetti del cambiamento climatico è rimasta ad un lontano secondo posto. Ma affrontare l’emergenza vuol dire anche adattare le nuove infrastrutture rendendole meno vulnerabili a inondazioni, siccità, tempeste e condizioni meteorologiche estreme. In tal modo molti dei disastri a impatto minore sarebbero prevenibili e si potrebbe intervenire in favore delle aree più vulnerabili, sebbene il problema non sia limitato ai paesi in via di sviluppo, come dimostrano i recenti incendi boschivi negli Stati Uniti e l’ondata di caldo estremo in Europa.

Articolo di Erika del 08 Luglio 2019 alle ore 19:24

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