Greenpeace: ecco dove finiscono i rifiuti di plastica italiani

La mancanza di impianti per la gestione della spazzatura in Italia spinge migliaia di tonnellate di rifiuti di plastica fino al sud-est asiatico, allo smaltimento improprio o all’esportazione illegale.

 

 

Un rapporto diffuso da Greenpeace sulle rotte globali e italiane dei rifiuti di plastica ripercorre l’itinerario della spazzatura che produciamo, che a volte si spinge poco oltre i confini del paese, altre attraversa interi continenti. Nel 2018 l’Italia ha esportato all’estero circa 197.000 tonnellate di rifiuti di plastica, di cui 39.000 erano destinate all’Austria, il nostro principale paese di esportazione. A seguire la Germania e la Spagna, mentre i principali paesi di destinazione extra europei sono Malesia, Cina e Vietam. Con un contributo pari a 2,25% di rifiuti in plastica esportati, l’Italia si pone all’11esimo posto tra i principali esportatori al mondo.

La mancanza di impianti per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti sul territorio e l’eccedenza di rifiuti plastici che non trovano un’adeguata collocazione sul mercato conducono in molti casi all’esportazione, talvolta illegale, o ad uno smaltimento non corretto dei materiali. Le problematiche legate ai sistemi di raccolta, riciclo e gestione dei rifiuti sono all’ordine del giorno, come anche il mancato trattamento di materiali riciclabili che invece vengono mandati in discariche e inceneritori. In Italia sono sempre più frequenti, segnala il rapporto, i roghi di depositi di rifiuti, principalmente in plastica, che costituiscono una forte minaccia per l’ambiente e la salute.

Nel quadro drammatico del commercio internazionale di rifiuti ha giocato un ruolo fondamentale la Cina, che dal 2017 ha vietato le importazioni di 24 tipologie di materiali, arrivando quasi a dimezzare la quantità di rifiuti di plastica esportati da 21 principali paesi coinvolti (da 1,1 milioni di tonnellate al mese nel 2016 a 500mila tonnellate nel 2018). La decisione ha influito significativamente sullo smaltimento di materie plastiche quali scarti di lavorazione, rifiuti industriali e avanzi di materie plastiche, dirottati principalmente al sud-est asiatico, dove vigono regolamentazioni ambientali e sulla salute meno rigorose rispetto a quelle europee.

Il divieto cinese ha messo in luce la forte carenza in Italia di impianti per il recupero e il riciclo e la situazione di totale stallo in materia di realizzazione sul territorio. Ma secondo il responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia Giuseppe Ungherese “riciclare non è la soluzione, sono necessari interventi che riducano subito la produzione, soprattutto per quella frazione di plastica spesso inutile e superflua rappresentata dall’usa e getta che oggi costituisce il 40% della produzione globale di plastica”.

Articolo di Erika del 23 Aprile 2019 alle ore 19:02

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