Clima: la Nuova Zelanda dona 2 milioni di dollari per gli sfollati delle Fiji

L’aumento del livello del mare sta mettendo a dura prova le comunità costiere del Pacifico, costrette a trasferirsi in luoghi più sicuri.

La Nuova Zelanda donerà 2 milioni di dollari per il reinsediamento delle comunità sfollate delle Fiji a causa del rischio inondazione. Il finanziamento rientra nel fondo di 150 milioni di dollari stanziati per le comunità del Pacifico minacciate dalla crisi climatica, che era stato annunciato al Forum delle Isole del Pacifico l’anno scorso a Tuvalu dal primo ministro Jacinda Ardern.

“I cambiamenti climatici continuano ad avere un impatto significativo sulla popolazione della regione”, ha dichiarato Ardern, “con l’erosione delle coste, l’innalzamento del livello del mare e lo spostamento degli stock ittici. Qui non è un’ipotesi, ma una realtà, come nei luoghi in cui l’ho visto con i miei occhi – Tuvalu, Tokelau, Samoa”. L’investimento della Nuova Zelanda, il primo paese a contribuire al programma, andrà a sostegno delle isole Fiji per gestire una delle questioni cruciali del cambiamento climatico: lo sfollamento delle comunità. Si tratta di una prima iniziativa mondiale che mira a gestire la ricollocazione di queste popolazioni in modo sostenibile e sensibile, spiega Ardern.

L’impegno iniziale prevedeva un investimento globale di almeno 300 milioni di dollari a sostegno delle comunità più esposte ai rischi legati al cambiamento climatico. Al momento sono stati approvati 98 milioni di dollari nell’ambito del progetto, ma la speranza era di ottenere la fiducia di altri paesi per un ulteriore contributo. Delle comunità che hanno richiesto il trasferimento a sostegno del governo ad oggi se ne contano 42 in attesa, mentre 5 sono state già reinsediate.  

“Le Fiji sono in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici”, ha affermato Ardern. “È importante sostenere coloro che hanno contribuito meno all’innalzamento del livello del mare e alle condizioni meteorologiche estreme, ma che lo stanno vivendo di più, reinsediando le loro comunità in luoghi più sicuri”. Si tratta di una responsabilità collettiva, che non vede confini.