Record di metano in atmosfera, potrebbe favorire un riscaldamento di 4 °C

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Il gas è 28 volte più potente nell’intrappolare il calore rispetto alla Co2. La sua produzione è legata soprattutto agli allevamenti intensivi e ai combustibili fossili.

Allevamenti intensivi e combustibili fossili sono i principali responsabili di emissioni di metano in atmosfera, che ha raggiunto livelli senza precedenti. Se queste attività continueranno a seguire i trend attuali, si potrebbero raggiungere i 4 °C di riscaldamento globale. I risultati, pubblicati su Earth Science Data e Environmental Research Letters, mostrano che più della metà del metano presente in atmosfera proviene dalle attività umane, ad un ritmo in costante crescita.

Dal 2000 ad oggi, le emissioni di metano sono aumentate di oltre 50 milioni di tonnellate all’anno, che equivalgono agli scarichi di 350 milioni di automobili, secondo l’ultimo studio del Methane Budget. Della concentrazione totale di metano oggi, l’allevamento, l’agricoltura e le discariche rappresentano circa due terzi, mentre il resto è costituito dall’industria dei combustibili fossili, basata su petrolio, gas e carbone.

Il metano è secondo solo alla Co2 nel contributo complessivo al riscaldamento globale, ma pur essendo rilasciato in quantità molto meno elevate, è in grado di intrappolare 28 volte più calore nell’arco di 100 anni. Per questo motivo, l’aumento della sua concentrazione in atmosfera risulta ancora più preoccupante di quello dell’anidride carbonica.

Rispetto ai primi anni del secolo, nel 2017 il livello di metano è aumentato del 9%, per un totale di 600 milioni di tonnellate di metano in atmosfera. Secondo Rob Jackson della Stanford University School of Earth, Energy & Environmental Science, che ha guidato uno degli studi, dalla rivoluzione industriale le attività umane hanno contribuito ad un incremento del rilascio di metano di 2,6 volte, rispetto a 1,7 volte per l’anidride carbonica.

Essendo molto più potente della Co2, dovrebbe essere al centro degli sforzi per ridurre le emissioni, sottolinea Jackson. “La Co2 è ancora la bestia da uccidere, ma il riscaldamento dovuto al metano è il prossimo più importante. Agire in modo aggressivo sul metano può farci guadagnare tempo per affrontare la Co2 e ridurre di mezzo grado l’aumento di temperatura”, ha affermato. “Sono ottimista sulle opportunità di trovare superemettitori di metano, utilizzando droni e satelliti. Ma è più difficile ridurre le emissioni di un miliardo di vacche e di un miliardo di pecore, dove contano le scelte dietetiche e la gestione del letame”.

Il cambiamento è da imputare anche ad ogni settore economico e all’area geografica: le emissioni di metano provenienti dall’agricoltura sono aumentate dell’11% circa rispetto al periodo analizzato, mentre quelle dei combustibili fossili sono aumentate del 15%. Il maggiore incremento è stato registrato in Asia, Africa e Oceania – da 10 a 15 tonnellate all’anno, soprattutto a causa dell’agricoltura e degli allevamenti. L’aumento di 4,5 tonnellate registrato negli ultimi 10 anni negli Stati Uniti è invece legato perlopiù al fracking e altre forme di perforazione finalizzate all’estrazione di petrolio e gas dal sottosuolo, ma anche al consumo stesso. L’unico continente a registrare un declino del metano è l’Europa, grazie alle misure adottate per ridurne le emissioni, mentre l’Artico sembra restare in una condizione piuttosto invariata.

Secondo gli autori dello studio, è necessaria una stabilizzazione delle emissioni globali di metano attraverso provvedimenti rapidi. Alcune soluzioni non prevedono necessariamente una riduzione dei consumi, sottolinea l’autrice della ricerca Marielle Saunois, della Université de Versailles Saint-Quentin-en-Yveline, in Francia. “Le politiche e una migliore gestione hanno ridotto le emissioni dalle discariche, gli allevamenti e altre fonti qui in Europa. Le persone mangiano anche meno carne e più pollame e pesce “, ha affermato.

Articolo di Erika del 15 Luglio 2020 alle ore 17:36

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