La luce solare può trasformare i rifiuti di plastica in nuove (pericolose) sostanze

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I processi chimici che coinvolgono la scomposizione dei frammenti di plastica sono estremamente complessi e ancora poco conosciuti, come anche gli effetti sull’ambiente e sulla nostra salute.

Sappiamo ancora poco sui frammenti di plastica, su come si trasformano nell’ambiente, come impattano sul nostro organismo e sui meccanismi che possono innescare una volta insediati nel suolo, nell’atmosfera e negli oceani. Un sacchetto di plastica lasciato nell’ambiente si disintegrerà in milioni di minuscole particelle petrolchimiche, che a contatto con altri elementi subiranno ulteriori modifiche, in processi che la scienza ancora non conosce del tutto.

Un nuovo studio condotto dai ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution, in Massachusetts, ha rilevato che la luce solare è in grado di frammentare la plastica, fino a convertire i polimeri e gli additivi di cui è composta in nuove sostanze chimiche. Secondo la ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology, se i frammenti di plastica sono considerati un grave pericolo ecologico, le sostanze in cui si trasformano potrebbero essere ancora più pericolose, con effetti sconosciuti sull’ambiente e la nostra salute.

Nonostante la crescente consapevolezza sul costo ambientale di un sacchetto della spesa, nelle varietà di composizione disponibili, è ancora estremamente diffuso il suo utilizzo. Ma una volta usato, le possibilità che un sacchetto della spesa finisca in discarica piuttosto che in un impianto di riciclaggio sono ancora estremamente alte. Ancora peggio, è molto alto il rischio che finisca disperso nell’ambiente, facendosi poi strada nei corsi d’acqua fino agli oceani, unendosi alle 640.000 tonnellate di plastica scaricate ogni anno dalla pesca commerciale.

Il destino di questi detriti è spesso lasciato al caso: una parte finisce ingerito dalla fauna selvatica, come uccelli e pesci, una parte si scompone in particelle sempre più piccole. La luce solare, anche attraverso la superficie dell’acqua, può trasformare chimicamente le materie plastiche in unità che si disperdono ancora più facilmente nell’aria e nell’ambiente.

I test effettuati su un campione di sacchetti in polietilene di uso comune hanno mostrato che i materiali esposti alla radiazione solare hanno rilasciato una quantità di composti superiore rispetto a quelli lasciati al buio, trasformandosi effettivamente in nuove sostanze chimiche. Maggiore è il tempo di esposizione, maggiore è la quantità di sostanze generate. Parliamo di decine di migliaia di composti disciolti, prodotti in un lasso di tempo equivalente a poche settimane di permanenza nell’oceano sotto la luce del sole.

L’intero processo è estremamente complesso rispetto a quanto i chimici avessero studiato in precedenza, lasciando ampio spazio a sostanze tossiche che non abbiamo mai neanche considerato una minaccia, secondo gli autori. Collin Ward, chimico co-autore dello studio, sottolinea la necessità di “pensare non solo al destino e agli impatti della plastica iniziale che viene dispersa nell’ambiente, ma anche alla trasformazione di quei materiali”. C’è un grande interrogativo su cosa possano causare precisamente quei composti nell’ambiente, o nei tessuti degli organismi che ci vivono, ed è ciò che dobbiamo scoprire.

Ma mentre i rifiuti di plastica si accumulano in una catastrofe ambientale crescente, quelle concentrazioni potrebbero aumentare a livelli drammatici, su cui avremmo dovuto intervenire molto prima. “Se l’obiettivo è comprendere il destino e l’impatto di questi materiali, dobbiamo studiare le plastiche che siano rappresentative di quelle effettivamente disperse nell’ambiente”, afferma Ward, “nonché i processi di invecchiamento che agiscono su di esse”.

Articolo di Erika del 13 Settembre 2021 alle ore 16:56

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