Il paradosso delle auto elettriche: ecco perché la Co2 aumenterebbe di 6 volte entro il 2030

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L’aumento della domanda di litio comporterebbe una crescita preoccupante delle emissioni inquinanti, dall’estrazione del minerale alla fabbricazione.

La crescita del mercato delle auto elettriche e della produzione di batterie a litio in favore della transizione energetica potrebbe rivelarsi un paradosso, con un incremento esponenziale delle emissioni di Co2, secondo un nuovo studio. La ricerca pubblicata su Sustainability Monitor di Roskill mostra un aspetto contorto legato alla crescita del settore, che con l’aumento della domanda potrebbe determinare un effetto opposto agli obiettivi iniziali.

All’origine del problema ci sarebbero tutte le fasi di lavorazione del minerale, dall’estrazione, al trasporto, alla fabbricazione, che potrebbero aumentare la produzione di Co2 di 3 volte entro il 2025 e fino a 6 volte entro il 2030. In particolare, le operazioni di estrazione e trattamento del litio hanno un impatto diverso in termini di emissioni a seconda della fonte, ovvero da acque salmastre e ad altra concentrazione (brine) o da rocce di pirosseno di litio e alluminio.

Generalmente, ad una tonnellata di carbonato di litio raffinato (LCE) equivale una produzione di 9 tonnellate di Co2 circa, quasi il triplo rispetto alle estrazioni da brine. Il processo in sé implica un dispendio maggiore di energie e quindi un impatto consistente, considerando anche il trasporto – ad alte emissioni di Co2 – fino agli impianti di raffinazione.

La sola produzione dell’elemento base per le batterie agli ioni di litio comporterebbe quindi 13,5 milioni di tonnellate di Co2 emesse, si legge nel rapporto. Un impatto allarmante che, secondo lo United States Geological Survey (USGS), potrebbe essere contenuto soltanto con il progressivo abbandono del processo di estrazione in favore dei depositi di brine.

I depositi sotterranei di acque salmastre contenenti litio sono piuttosto abbondanti in natura: si trovano principalmente in Cile, Argentina e Stati Uniti. Il processo di estrazione sarebbe peraltro meno difficoltoso e meno impattante, come anche l’estrazione dalle argille di litio (hectorite) e dalle salamoie di petrolio (petrolitio). Quest’ultimo, che sfrutta la concentrazione di litio nelle acque reflue che accompagnano la produzione di petrolio e gas, rappresenta un nuovo approccio promettente nello scenario energetico futuro, che potrebbe apportare significativi miglioramenti nei prossimi decenni.

Articolo di Erika del 20 Ottobre 2020 alle ore 19:29

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