Emissioni zero entro il 2050: cosa succederà dopo?

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Il raggiungimento delle emissioni nette zero entro metà secolo richiede obiettivi ambiziosi e uno sforzo globale coordinato. Ma sarà sufficiente?

Con il vertice G7 gli stati membri devono impegnarsi a raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, in una totale inversione di rotta rispetto ai trend seguiti finora. Attualmente 121 paesi hanno aderito al Climate Ambition Coalition dell’UNFCCC e 35 dei 38 membri dell’OCSE (restano fuori Australia, Israele e Turchia) dovranno raggiungere l’obiettivo entro metà secolo. Tuttavia queste promesse, per quanto ambiziose, sono ancora insufficienti.

Per raggiungere lo “zero netto” entro il 2050 e avere buone probabilità di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C servirebbe infatti un impegno globale, che ad oggi appare ancora lontano. Paesi come la Cina, che ha dichiarato un impegno al 2060, l’India e la Russia dovrebbero incrementare parecchio le proprie ambizioni. Il mancato impegno di questi grandi emettitori è in grado di rallentare gli obiettivi climatici globali, aumentando il divario tra l’azione attuale e i piani futuri.

Raggiungere un equilibrio tra emissioni e rimozione di gas serra entro una data prestabilita è oggi una priorità, ma bisogna tenere conto di un altro fattore cruciale: la quantità di anidride carbonica totale emessa dalla rivoluzione industriale e il suo impatto a lungo termine. Affinché i paesi riescano ad annullare il proprio contributo al cambiamento climatico è necessario non solo raggiungere le emissioni nette zero, ma anche rimuovere dall’atmosfera la quantità di anidride carbonica immessa negli ultimi cento anni.

Sebbene le emissioni storiche siano da imputare al caos della prima industrializzazione e risalenti a decenni addietro, senza una comprensione del loro impatto, i paesi industrializzati oggi devono impegnarsi a fare più di quanto abbiano mai fatto finora, rimuovendo non solo le proprie emissioni ma anche quelle storiche.

Oggi il maggior contributo alle emissioni di gas serra proviene dalla Cina, dagli Stati Uniti e dai paesi europei messi insieme. Nel grafico vengono mostrate le emissioni basate sulla sola produzione escluse quelle incorporate nel commercio. Credito: OurWorldInData.org, CC BY-SA.

La differenza tra le emissioni attuali e quelle cumulate può essere significativa. Il Regno Unito, ad esempio, oggi tra i promotori degli obiettivi climatici più ambiziosi, nel 2019 ha emesso circa 350 milioni di tonnellate di CO2, pari a meno dell’1% del totale globale. Ma con la prima industrializzazione, il Regno Unito ha contribuito ad un accumulo di circa 78 miliardi di tonnellate di CO2, pari al 5% del totale globale. Anche se raggiungesse lo zero netto entro il 2050, avrebbe comunque un “debito” di oltre 80 miliardi di tonnellate di carbonio, che richiederebbe un impegno annuale di circa -1,6 miliardi di tonnellate di carbonio, pari a 4 volte le emissioni medie annuali del paese.

Contrariamente, alcuni grandi emettitori come l’India vantano una percentuale di emissioni cumulative più bassa (3%), a causa di un’industrializzazione più recente. Allo stesso tempo, l’India contribuisce attualmente al 7% delle emissioni globali, pertanto il debito di carbonio entro la metà del secolo sarà comunque notevole.

In conclusione, senza una cooperazione globale e il massimo impegno da parte di tutti i paesi sarà sempre più difficile immaginare un futuro vivibile e sicuro per il pianeta e i suoi abitanti. Ripristinare l’atmosfera e gli oceani ad un livello compatibile con il sistema terrestre richiede uno sforzo multigenerazionale, a volte operando attivamente, altre lasciando che i sistemi naturali possano trovare il modo di riprendersi autonomamente.

Articolo di Erika del 12 Giugno 2021 alle ore 17:25

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