Turismo e crisi climatica: cosa cambierà

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Con l’aumento della temperatura globale il concetto di turismo non potrà essere più lo stesso, complice la crisi post-pandemia. Il peso delle perdite economiche e le condizioni di insicurezza ambientale impongono un ripensamento del settore al più presto.

Il turismo è un settore dell’economia per molti paesi fondamentale, che costituisce talvolta una fetta essenziale di guadagno e occupazione. Anch’esso però, come altri settori, sta iniziando a risentire degli effetti del riscaldamento globale, in termini di perdite economiche e di sicurezza, soprattutto per le attività invernali.

Alla luce dell’impatto crescente dei cambiamenti climatici, l’industria turistica oggi deve fare i conti con le ripercussioni sul territorio e perseguire lo stesso livello produttivo nel rigido rispetto delle misure adottate dalle politiche ambientali delle comunità internazionali. Si tratta di un settore in crescita da anni, ma che contribuisce significativamente ai cambiamenti climatici, dei quali potrebbe essere a sua volta vittima.

Secondo uno studio dell’Università di Sydney, il settore turistico contribuisce al 10% delle emissioni di CO2 a livello globale, con un aumento delle concentrazioni di anidride carbonica fino a 4,5 miliardi di tonnellate, calcolando anche le emissioni prodotte dalle strutture ricettive, dal consumo di alimenti fino alla vendita di prodotti di ogni genere e categoria.

Insieme al clima che cambia, anche il concetto di turismo non sarà più lo stesso. L’impatto atmosferico degli aeromobili, ad esempio, è da tempo nel mirino degli obiettivi climatici a causa dell’enorme consumo di combustibili fossili e conseguente danno ambientale. Il traffico aereo dovrebbe infatti essere trasformato, entro questo decennio, nell’ottica di incentivare viaggi “Low Carbon”, ricorrendo a sistemi avanzati che consentirebbero di ridurre il consumo di combustibili fossili.

Viaggi più sostenibili aiuterebbero a contrastare il cambiamento climatico e il contenimento dell’aumento della temperatura globale, facilitando la decarbonizzazione. Ma in alcuni paesi si sta pensando a misure più immediate e drastiche: è recentissimo il provvedimento adottato in Francia che prevede di ridurre al minimo le tratte interne in favore degli spostamenti su rotaie, abolendo quasi del tutto i voli da una città all’altra della nazione. Un’azione complessa che suscita opinioni contrastanti, ma potenzialmente efficiente dal punto di vista ambientale.

Turismo climatico

Dal punto di vista del consumatore, pensare ad un modo di viaggiare più sostenibile può essere difficile, anche sotto l’aspetto economico, o semplicemente non rappresentare una priorità. In Italia soltanto il 20% delle persone dichiara di praticare un turismo sostenibile, mentre il 40% circa si informa sull’effettiva sostenibilità delle strutture. Tra i viaggiatori che si dichiarano eco-sostenibili, circa il 45% è disposto a pagare delle maggiorazioni sulla propria vacanza per poter accedere ai servizi green offerti dalle agenzie turistiche.

L’idea di vacanza sostenibile prevede soprattutto l’uso esclusivo dei mezzi pubblici, possibilmente ecologici, della bicicletta o degli spostamenti a piedi, quando possibile, rinunciando al mezzo di trasporto privato. Ma ogni scelta di consumo è importante, dall’alloggio ai pasti, alle attività da svolgere che dovrebbero avvenire nel rispetto delle aree naturali e della popolazione locale.

In alcuni paesi si sta pensando a delle iniziative per incentivare il turismo sostenibile, mirando al contempo alla ripresa del settore in tempi di pandemia. Nelle Isole Canarie, ad esempio, è nato il programma “Canarias Destino”, con l’intento di offrire ai visitatori esperienze di viaggio sostenibili nella piena garanzia della sicurezza sanitaria, puntando tutto sul digitale e su un modello di turismo consapevole nei confronti del cambiamento climatico. Il progetto si basa sullo sviluppo di una piattaforma intelligente che raccoglie dati in tempo reale sulle condizioni meteorologiche, i parametri ambientali e la concentrazione di visitatori nei principali luoghi turistici, su un “mercato sostenibile”, che incentiva l’offerta dei prodotti locali e altri servizi che prevedono un collegamento diretto tra imprese turistiche e viaggiatori tramite web e app.

Sci a rischio estinzione

Più complessa è la questione del turismo legato alle attività sciistiche, nelle aree che da circa un decennio risentono delle conseguenze del cambiamento climatico. A causa dell’aumento progressivo delle temperature, l’ambiente Alpino e le catene montuose che per decenni hanno consentito al turismo invernale di prosperare sono destinati a cambiare, forse fino a scomparire del tutto. Il cambiamento climatico conduce ad una progressiva sostituzione delle precipitazioni nevose con quelle piovose, riducendo sempre più l’innevamento delle montagne nelle zone alpine, pertanto i paesaggi montani cambieranno drasticamente.

Nell’ultimo decennio il turismo invernale, che comprende tutte quelle discipline che si svolgono sulla neve e sul ghiaccio, ha potuto contare sul supporto della neve artificiale, che consente l’innevamento laddove mancano le condizioni meteorologiche necessarie per la sua formazione, ma che al contempo ha un impatto negativo in termini economici e ambientali. Essa ha infatti un peso specifico maggiore rispetto a quella naturale, riducendo la permeabilità del suolo a causa del suo congelamento. In tal modo, il suolo non favorisce l’assorbimento dell’acqua piovana, con conseguenze anche estreme come le inondazioni. In più, i costi per la produzione di neve artificiale sono piuttosto alti e in uno scenario di assenza crescente di neve diventerebbero proibitivi.

Secondo il rapporto Nevediversa 2021 di Legambiente, su tutto l’arco alpino la pratica dello sci potrebbe estinguersi entro la fine del secolo. Con un aumento di temperatura globale oltre i 4 °C, la percentuale di impianti sciistici accessibili si ridurrebbe ad appena il 12%, mentre i costi di innevamento artificiale arriverebbero a circa 100 milioni di euro all’anno soltanto per il territorio italiano.

Bisogna ripensare il modello del turismo invernale italiano e adeguare il Paese al cambiamento, non con un’operazione di “cosmesi” sul modello esistente, osserva Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente, ma “ridisegnando una strategia adeguata alle nuove domande di turismo e agli effetti sempre più pesanti dei cambiamenti climatici”.

Il turismo alpino potrebbe (e dovrebbe) dunque cambiare. E la crisi Covid-19 dovrebbe costituire un’opportunità per un ripensamento del settore, puntando ad una rinaturalizzazione dei territori e ad un “rapporto più equilibrato con l’ambiente”. Una trasformazione resa sempre più necessaria dal continuo aumento delle temperature, nonostante gli eventi di freddo eccezionale dello scorso inverno che sembrano suggerire il contrario, ma che invece sono l’ennesimo sintomo della crisi climatica che avanza.

Articolo di Erika del 08 Maggio 2021 alle ore 09:54

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