Il fitoplancton nell’Artico è aumentato del 57%. Cosa vuol dire?

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Le vaste fioriture di alghe contribuiscono ad un maggiore assorbimento di carbonio e un maggior apporto di sostanze nutritive. Ma cosa comporterà un Artico più “verde”?

Negli ultimi 20 anni, l’Oceano Artico ha visto un aumento del 57% del suo fitoplancton, rivela uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Stanford, superando le aspettative degli scienziati. Questo fenomeno influenza il modo in cui l’oceano assorbe il carbonio, ma anche come fornisce le risorse necessarie all’intero ecosistema marino. La maggiore fioritura di alghe, in concomitanza con la riduzione del ghiaccio marino, sta apportando dei cambiamenti ancora non del tutto chiari alla catena alimentare dell’Artico.

L’espansione del fitoplancton nella catena alimentare è una conseguenza dello scioglimento delle calotte polari dell’Artico a causa del riscaldamento globale, che ha determinato una maggiore fioritura di alghe. Ma secondo i ricercatori, a partire dal 2009 circa, l’esposizione di nuove acque libere è diminuita drasticamente. Ciò avrebbe dovuto significare un declino del “verde” a causa della carenza di azoto disponibile e altri elementi essenziali per la sopravvivenza, ma non è ciò che è successo. Questa espansione alla base della piramide alimentare – nota come aumento del tasso di produzione primaria netta (NPP) – è invece continuata. “L’aumento della NPP nell’ultimo decennio è dovuto quasi esclusivamente a un recente aumento della biomassa fitoplanctonica”, spiega co-autore dello studio Kevin Arrigo.

Normalmente, un aumento del verde è un fenomeno positivo, poiché questo svolge un ruolo essenziale nell’assorbimento di Co2 e nella conservazione della biodiversità. Ma in un luogo come l’Artico, dove la vita si fonda sulla presenza del ghiaccio, è difficile prevedere le conseguenze di tali cambiamenti. “Ci saranno vincitori e perdenti”, afferma Arrigo. Essenzialmente, l’incremento a lungo termine di NPP osservato dai ricercatori è stato così sconcertante da costringerli a guardare le spiegazioni esistenti e chiedere cosa avrebbero potuto perdere.

La scienziata ambientale Kate Lewis, principale autore dello studio, afferma l’aumento di produzione di fitoplancton nell’Artico era già noto negli ultimi anni, “ma sembrava che il sistema stesse semplicemente riciclando la stessa riserva di nutrienti”. I nuovi risultati mostrano invece che il fitoplancton si sta riproducendo anno dopo anno, assorbendo più carbonio e producendo nuovi nutrienti nell’oceano. L’impatto ecologico di questo cambiamento è molto rilevante, sottolinea Lewis, nonché inaspettato.

La distribuzione dell’afflusso di sostanze nutritive è una questione piuttosto complessa, dipende molto dalle correnti oceaniche, che trasportano materiali diversi e sono soggette a variabilità legate a fattori climatici. Mappare i cambiamenti nel fitoplancton nell’Artico è peraltro una sfida che si differenzia dalle misurazioni tradizionali utilizzate per l’analisi della NPP. “Gli algoritmi che funzionano in qualsiasi altra parte del mondo – che osservano il colore dell’oceano per misurare la quantità di fitoplancton presente – non funzionano affatto nell’Artico”, spiega Arrigo.

Grazie a processi specifici, il team potrà osservare meglio i cambiamenti che si stanno verificando nell’estremo nord del pianeta e capire in che modo queste vaste fioriture di alghe stanno influenzando gli ecosistemi artici. Ulteriori studi sulle circolazioni atmosferiche e oceaniche aiuteranno a prevedere con più esattezza cosa potrebbe significare in futuro un Artico più “verde”.

Articolo di Erika del 10 Luglio 2020 alle ore 18:20

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