“Mare Caldo”, l’operazione Greenpeace contro gli effetti del cambiamento climatico

La stazione si occuperà del monitoraggio delle temperature marine nel Mediterraneo, dove la minaccia del riscaldamento globale è già evidente sulla fauna e gli ecosistemi.

La capacità di assorbire Co2 e calore dall’atmosfera rende il ruolo degli oceani fondamentale contro i cambiamenti climatici. Si stima che gli oceani del mondo abbiano assorbito circa il 90% del calore originato dal riscaldamento globale, il che sta determinando gravi conseguenze per la biodiversità e inevitabilmente per l’umanità. L’operazione “Mare Caldo” è stata lanciata da Greenpeace per monitorare gli effetti del cambiamento climatico sui mari italiani, dove le temperature superficiali sono aumentate di circa 2 gradi negli ultimi 50 anni.

Le previsioni più critiche riguardano il Mediterraneo, che per la sua conformazione semi-chiusa e l’enorme influenza delle attività umane è una delle aree marine più a rischio, con conseguenze già evidenti sulla fauna e gli ecosistemi. “E’ ormai evidente che le specie che vivono nei nostri mari stanno subendo gli effetti dei cambiamenti climatici, sempre più colpite da morie improvvise, epidemie o scalzate da specie termofile che arrivano da mari più caldi”, spiega la responsabile del progetto Monica Montefalcone. Per questo nasce Mare Caldo, con la speranza di sviluppare misure di gestione e tutela dei mari, che sono tra i “nostri migliori alleati contro i cambiamenti climatici”, afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia.

Secondo la comunità scientifica, per preservare gli oceani è necessario tutelarne almeno il 30% entro il 2030, realizzando una rete di santuari marini. Nel Mediterraneo c’è soltanto un santuario dei cetacei, situato tra Francia, Principato di Monaco e Italia, peraltro protetto solo su carta, ma privo di misure di tutela efficaci. Ed è proprio in quest’area che si sviluppa Mare Caldo, vicino alla costa dell’Isola d’Elba, dove le specie termofile e l’ambiente risentono particolarmente delle variazioni della temperatura del mare. I sensori fino a 40 metri di profondità potranno fornire informazioni dettagliate su tali variazioni, eventuali anomalie e ondate di calore. La stazione di monitoraggio consentirà di correlare i dati raccolti con eventuali biocenosi costiere, confrontandoli con una rete di osservazione mediterranea.

I nostri ecosistemi sono già duramente colpiti dalle attività antropiche, dalla pesca eccessiva, dalle trivelle e dall’inquinamento, spiega Monti. È necessario che i governi del Mediterraneo mettano subito in atto misure concrete di tutela per permettere a questo fragile ecosistema di reagire a un cambiamento già in atto.

Articolo di Erika del 04 Dicembre 2019 alle ore 17:30

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