Non è il pianeta che bisogna salvare, ma gli uomini

Gli effetti del cambiamento climatico saranno la maggiore causa di conflitti e migrazioni, soprattutto la scarsità di acqua potabile. Ne parla il fisico Filippo Giorgi.

 

 

Quando si parla di “salvare il pianeta” sembra non arrivi a tutti il vero messaggio: la cosa riguarda tutti gli esseri viventi che ci abitano, compresi gli umani. La Terra sopravvivrà anche con l’aumento della temperatura, l’innalzamento dei mari, gli uragani più potenti. Il responsabile dell’area scientifica Fisica della Terra del Centro internazionale di fisica teorica di Trieste (ICTP) Filippo Giorgi mette in guardia sulle conseguenze del cambiamento climatico in corso: “con un trend di riscaldamento globale assodato il pianeta si salva lo stesso, non muore. Il punto è salvare noi stessi”, afferma Giorgi. L’aumento del livello del mare, la siccità, i fenomeni meteorologici estremi e la scarsità di acqua potabile saranno le principali cause di conflitti e migrazioni di massa. Zone come il Mediterraneo, dove è previsto un riscaldamento maggiore rispetto alla media globale, potrebbero non essere più terre di salvezza per migranti, ma luoghi da cui fuggire. Le grandi crisi di questo secolo, avverte Giorgi, non saranno economiche, ma ambientali e l’acqua sarà il bene più prezioso che avremo. “I grandi gasdotti tra 20 anni diventeranno acquedotti. Tanti paesi si stanno già attrezzando in Nord Europa e Russia”.

Quello che stiamo vivendo “come pianeta” è il passaggio dai cicli naturali del clima ad un periodo climatico che la Terra non vedeva da almeno 20.000 anni. La salvezza sta nell’azione immediata, riducendo del 70-75% le emissioni entro i prossimi 30 anni. Alla base di questo processo necessario devono esserci green economy, energie rinnovabili ed economia circolare, ma “non si raggiungerà mai un accordo politico a livello internazionale”, afferma Giorgi. “La spinta deve partire dalla società civile, dal basso”. Greta Thunberg è stata capace di parlare ai giovani, aggiunge, riuscendo a “comunicare in maniera più diretta della comunità scientifica”.

Articolo di Erika del 18 Marzo 2019 alle ore 16:14

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